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L'esperienza di tirocinio e stage, poi, è più che raddoppiata fra i laureati dall'avvio della riforma. Nel 2007 ha riguardato, infatti, oltre la metà del complesso dei laureati, sottolineando il crescente impegno delle università e la positiva collaborazione con il mondo del lavoro (l'80 per cento dei tirocini sono stati svolti al di fuori dell'università). Nei laureati specialistici a ciclo unico l'età media alla laurea raggiunge complessivamente i 26,7 anni. Particolarmente positive risultano le performance di questi laureati sintetizzabili: nella votazione di laurea (in media 106,2 su 110); nella regolarità con cui riescono a concludere gli studi quasi la metà di loro (48 per cento); e nell'esperienza di studi all'estero con programmi comunitari (che riguardano 8 laureati su cento contro 6 per il complesso dei laureati).
L'attuale realtà della ricerca…
Inoltre, i luoghi comuni che vengono frequentemente ripetuti o riciclati – come in questo caso - sui docenti universitari si riferiscono ad una presunta realtà che risponde soltanto ad una inesatta o superficiale conoscenza della situazione universitaria italiana.
Chi scrive ‘indagini' sullo stato dell'università pubblica italiana dovrebbe, come minimo impegno professionale, aggiornarsi sullo stato di questa istituzione, cosa che invece avviene molto raramente. Qualche decennio fa, prima delle molteplici riforme che si sono succedute, era forse possibile per un docente universitario italiano limitare l'impegno didattico ad un solo corso annuale; ottenere lunghi periodi di ricerca; avere assistenti che lo affiancavano sia per la ricerca sia per la didattica, tanto che, nei confronti dei colleghi europei, sembrava vantarsi qualche privilegio (mai quello dello stipendio, da sempre fra i più bassi in Europa). Oggi, tale quadro si è totalmente rovesciato. Oggi, i docenti italiani fanno più ore di lezioni frontali, di esami, di tesi, di amministrazione di molti loro corrispettivi europei e nordamericani, senza voler rinunciare minimamente al tempo dedicato alla ricerca che è missione principale del docente universitario, e fondamentale anche per realizzare una docenza e didattica a livello adeguato. Tuttavia, oggi il tempo realmente a disposizione per la ricerca si è drammaticamente ridotto, pur essendosi imposto anche in Italia il diktat anglosassone del "Publish or Perish", grazie all'introduzione (per altri versi sacrosanta) di sistemi di valutazione della produttività scientifica. Il risultato è la sempre più impellente richiesta di una costante performance di ricerca, da una parte, e dall'altra dei margini sempre più ristretti di tempo per adempiervi. Per non parlare dell'impossibilità di formare le nuove leve, di portare avanti gli studenti più bravi e meritevoli e di dar loro qualche prospettiva, a causa del taglio drastico del numero delle borse di studio, della riduzione dei posti di dottorato e della esiguità dei posti di ricercatori.
Le Università italiane sono state lasciate in totale solitudine a cavarsela di fronte a continue e talvolta contraddittorie riforme (riforme non accompagnate da adeguate risorse finanziarie), anzi, in soli due anni più di 500 milioni di euro sono stati stornati dalle sue legittime finalità - cioè dal budget destinato ad incrementare l'FFO alle Università e ad incrementare i fondi per la ricerca scientifica e per l'offerta didattica - e invece spostati ad altre voci di spesa (emergenze trasporti). Nonostante questo, l'impegno profuso dai ricercatori ha fatto sì che le agenzie internazionali abbiano posto diverse università pubbliche italiane in posizioni di medio-alto livello nel 'ranking' degli atenei mondiali.
…e della didattica
L'ultima (per ora) riforma universitaria ha imposto a molte Facoltà il doppio percorso di laurea triennale e laurea specialistica (il cosiddetto ‘3+2'), e, di conseguenza, una maggiore tipologia di corsi e moduli (triennali, specialistici, corsi professionalizzanti) e un impegno didattico trasversale e spesso interdisciplinare. Del resto, anche in quelle Facoltà dove non è stata adottata la riforma 3+2, è stato aumentato il numero degli anni complessivi, e sono stati introdotti altresì corsi brevi e nuovi percorsi professionali che hanno obbligato i docenti a moltiplicare e diversificare il loro impegno didattico.
Questo comporta che se si vuole fare una didattica di livello universitario, le lezioni vanno preparate e diversificate sulla base della popolazione studentesca cui si rivolgono, con studio ed aggiornamento costanti che si quantificano in molte ore di lavoro e di ricerca quotidiana. A tutto ciò si devono aggiungere le ore ufficiali e ufficiose di ricevimento studenti, di correzione e discussione di tesi e tesine, di preparazione e correzione di esami scritti e orali, nonché per creare contatti e sottoscrivere convenzioni con il mondo del lavoro per lo svolgimento efficace di stage e tirocini. Si aggiungano poi le ore spese in varie commissioni didattiche e di ricerca, in sedute sempre più frequenti di Corso di laurea, di Indirizzo, di Facoltà, di Ateneo, e l'impegno profuso presso scuole e collegi di Dottorati e di Master e di commissioni di concorso locali e nazionali.
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